La telefonata con l’autore è stata davvero gradevole. L’ho disturbato mentre stava cucinando. Abbiamo dialogato brevemente. Un discorso piacevole tra chi ama scrivere e leggere.
Non ho parlato con “la Iena” Matteo Viviani ma con l’autore del romanzo “La Crisalide del Fango“, edito da Mondadori.
Avrei voluto iniziare questa recensione presentandovi questo romanzo come “geneticamente” postmoderno: un personaggio televisivo, volto di punta di una trasmissione il cui titolo è una citazione cinematografica, il cui romanzo viene definito come un pulp psicologico (ritorno alla citazione Tarantiniana) dai contenuti variegati, senza riferimenti unitari, in piena coerenza con l’epoca (postmoderna per l’appunto).
Ma di tutte queste etichette cosa ce ne facciamo? Nulla! Quindi veniamo al sodo.
“La Crisalide nel Fango” è un romanzo dallo stile asciutto e ritmico; un ritmo che viene dettato dal continuo passaggio tra un POV (Point of View, ndr) al fine di approfondire la vita di ogni singolo personaggio (Alessandro, Raffaele e poi Sonia) facendo avanzare la trama, intrecciata sullo sfondo di una Milano borghese e underground al tempo stesso.
Il linguaggio utilizzato è smodatamente (almeno per chi sta scrivendo) volgare, impreziosito da rimandi stilistici presi a prestito dal vocabolario medico scientifico e da rare (ma importanti) citazioni colte.
Un’opera prima quella di Matteo Viviani che si allontana enormemente dal romanzo di formazione (dal tono neorealista) a cui siamo noiosamente abituati, per prendere serenamente a sprangate nei denti il lettore, facendolo calare nella mente dei mostri seriali, dei maniaci, degli ossessionati.
Un finale a sorpresa riesce a dare senso a tutta la narrazione, la cui ragione di fondo risulta comunque impalpabile.
Trama del libro e storia dell’autore potete trovarle facilmente on line.
Parliamo dunque con Matteo Viviani e vediamo di immortalare un dialogo non scontato.
Matteo, il tema di fondo del tuo testo è la perversione, il lato oscuro della mente. Perché hai voluto esordire con un tema simile? Strano piacere o necessità?
Per necessità. Necessità di seguire un emozione, di misurarsi con una dimensione tanto affascinante quanto… perversa, appunto.
Immaginarsi un mondo che si mostra solo tramite la propria superficie mi sembrava riduttivo e semplicistico; belli i racconti, bello raccontarli, bello il sole, l’erba, i sorrisi, l’amore e tutto il resto ma nella vita, nella mente, in noi, c’è dell’altro. Molto altro.
La tua Milano è come l’acqua dei Navigli. Grezza, sporca, placidamente annoiata; tutt’intorno un teatrino di anime perse o vagabonde. La vedi, o l’hai vissuta (la vivi) davvero così?
Milano è una ricca signora con il doppio mento e che indossa mutande con l’elastico smollato sotto la gonna di organza; è così… altezzosa e provinciale allo stesso tempo.
Le voglio bene… mi ha coccolato a lungo tra le sue grosse e calde tette… ma non posso non raccontarle di tutte quelle anime che, senza saperlo, le rammendano di continuo il vestito.
Alessandro e Raffaele. La noia e la ribellione come due facce della stessa medaglia?
Alessandro e Raffaele sono agli antipodi; ma la terra da cui sono nati è la stessa… e probabilmente anche il seme. Raffaele è così introverso e deluso dal mondo perché, probabilmente, non ha mai osato affacciarvisi; per paura di esser giudicato, per paura di fallire… al contrario di Ale che, spaccone e menefreghista, si è sempre messo in gioco, buttandosi e innamorandosi del risultato.
Io immagino le vite delle persone come un inanellarsi continuo di micro-decisioni inconsce che, alla fine, determinano il futuro e la forma delle stesse. La vita è pazzesca se la si guarda da lontano… di conseguenza è pazzesco pensare che le persone non abbiano un po’ di quella follia dentro il proprio DNA.
Poi c’è la mente… che decide se nutrire quella follia o meno.
Erasmo da Rotterdam, a riguardo, avrebbe molto da dire.
Alessandro può essere, a mio avviso, considerato un edonista decadente. A differenza di quelli ricchi e raffinati di inizio novecento, è sgraziato e volgare. Chi vuol rappresentare in realtà? Quali sono i riferimenti di questo personaggio?
Vuole rappresentare le basi su cui, oggi, il “vincente di turno” costruisce la propina identità.
Oggi è tutto veloce, la pallina continua a girare instancabilmente nella ghiera della roulette e chi si muove, chi vuole salire nella scala immaginaria della società si affretta; quindi non rimane tempo per gli orpelli e né per le raffinatezze, ci si preoccupa solo di cibarsi di vita per non morire di noia e l’ansia di vivere emozioni crea dipendenza e di quella dipendenza, il vincente di turno, ne fa la propria felicità.
I due protagonisti sono uniti, a mio parere, da un continuo utilizzo di terminologia medico-scientifica, che utilizzi per descrivere i loro mutamenti. La riflessione e la perversione sono per te solo un fatto di chimica?
Tutto è chimica; anche l’odore di una rosa, il vento tra i capelli, l’amore stesso… l’odio, di fondo sono chimica. O per lo meno dipendono da essa.
Il generatore di tutto è, comunque e di fatto, la mente.
Lei.
La mente è Dio.
La mente genera infiniti universi, la mente è riflessione, è chimica, è amore, odio e follia.
La mente è tutto.
Vi è un personaggio altro, una specie di demone, che aleggia nella tua storia, svelandosi solo alla fine. Per descriverne l’essenza usi spesso simboli religiosi e immagini crude, cannibalesche per certi versi. E’ l’incarnazione del Male? Credi esista qualcosa di simile nella realtà?
Certo che esiste, siamo noi tutti.
Il fatto che la maggior parte di noi ripudi certi pensieri o fantasie non significa che queste non si insidino tra le pieghe della nostra coscienza. Il male appartiene al genere umano, lo dimostra la storia, lo dimostra la sofferenza che intride il mondo, lo dimostra la vita.
Sinceramente credo che nella realtà esista di molto peggio.
Veniamo all’autore. Mi hai detto di aver scritto vari racconti prima di arrivare al romanzo. Di cosa parlavano?
U! … bah, un po’ di tutto… sceglievo a caso un argomento e scrivevo una brevissima storia.
Quando hai sentito la necessità di scrivere, quali sono stati i tuoi primi riferimenti letterari?
Nabokov e Ammaniti.
Domanda pungente, che i nostri lettori ti vorrebbero sicuramente porre: se non fossi stato un personaggio televisivo, il tuo romanzo sarebbe stato pubblicato? Se sì, perché?
Sì, perché è scritto con lo stomaco.
Futuro: scriverai ancora? Se sì, cosa conserverai dell’esperienza maturata con la Crisalide, e cosa, all’opposto, non vorrai ripetere?
Oh diamine… di certo non ho sufficiente esperienza per poter capire cosa ripetere e cosa no! O meglio… so che vorrò ripetere l’esperienza, cioè quella di scrivere un romanzo.
Per me è stato come partire per un viaggio… che nonostante sia stato frequentemente disturbato dalla realtà è comunque riuscito ad arricchirmi; come tutti i viaggi che ho fatto, d’altronde. Sì, partirò ancora… non so quando ma lo farò.
La scorsa notte, anzi no, tre notti fa per la precisione, mia figlia mi ha svegliato verso le 3; chiedendomi camomilla.
Gliel’ho fatta e data, baciandola.
Poi sono tornato a letto ed abbracciando mia moglie, nuda, ho provato una sensazione epidermica meravigliosa che si è fusa con la notte; in quello stato di semi-coscienza un pensiero si è rincorso più volte nella mia mente fino che, prevalendo sul sonno, mi ha costretto ad alzarmi e scrivere per circa 10 minuti un appunto, sull’ i-Phone.
Prima di riaddormentarmi ho pensato: cazzo… questo potrebbe essere l’inizio del mio secondo romanzo.
Grazie.
Grazie a te, sia per questa intervista che per la piacevole chiacchierata che abbiamo fatto al telefono.